la vera storia dell’italia 2^ parte – ci si prepara alla partenza
Dunque, dicevo, chi gliela poteva far vincere? Ci voleva un combattente. Qualcuno che se mettesse a capo di tutto.
Il sor Camillo si guardò intorno per individuare la persona che faceva per lui ma il problema glielo risolse Mazzini avendola conosciuta nei bassifondi malfamati di Marsiglia, qualche anno prima, nel 1833.
Si chiamava Peppe Garibaldi.
Chi era costui?
Un avventuriero senza scrupoli, uno che girava il mondo andando alla ricerca dell’affare più consistente, al punto che in sud America, beccatolo con le mani nella marmellata, gli tagliarono il lobo di un orecchio, che per loro voleva significare “Attenzione, chiste è a schifezza e l’uommene perchè è un ladro e un pedofilo”. Era per questo che portava i capelli lunghi, mentre lui diceva che era per seguire la moda. non era vero perché i beatles nacquero più tardi. Il sor Peppe, insomma, non era propriamente quello che si poteva definire una persona perbene. Era scappato dalla terra natìa perché condannato a morte, e dato che a santo Domingo non c’erano ancora le banche dove farsi fare un versamento dagli amici degli amici, se n’era andato in sud America, dove fu soprannominato l’erode dei due mondi, per il fatto che come aveva la possibilità di mettere le mani su una ragazzina, non ci pensava due volte. In pratica aveva inventato già a quei tempi il turismo sessuale.
Il sor Peppe, come i pirati d’altri tempi, aveva ideato per se e per i suoi accoliti, una divisa che si rifaceva a quella indossata dai macellai dell’epoca, di colore rosso, in modo che non si notassero le macchie di sangue che imbrattavano le casacche quando erano nell’esercizio della loro funzione, specialmente quella di macellazione.
Garibaldi era alto appena 1,65 metri ed aveva le gambe arcuate. Era pieno di reumatismi e per salire a cavallo occorreva che due persone lo sollevassero. Portava i capelli lunghi perché, come detto, avendo violentato una ragazza, questa gli aveva staccato un orecchio con un morso. Era un avventuriero che nel 1835 si era rifugiato in Brasile, dove all’epoca emigravano i piemontesi che in patria non avevano di che vivere. Fra i 28 e i 40 anni visse come un corsaro assaltando navi spagnole nel mare dei Rio Grande do Sol al servizio degli inglesi, che miravano ad accaparrarsi il commercio in quelle aree, e per circa sei mesi trasportò schiavi cinesi nel Perù.
Il sor Camillo chiamò il sor Peppe e gli propose il patto: “tu mi dai una mano e io ricambio mettendosi a disposizione un avvocato, ci facciamo un paio di leggi e i tuoi reati vanno in prescrizione. Ti farò entrare in Parlamento una volta uniti i paesi.”
“Ma io sono un pregiudicato!” osservò l’altro
“E che fa!?” rispose il sor Camillo sorridendo. “ Anzi, in futuro potresti fare anche il ministro”
Aspè, secondo me sto facendo nuovamente confusione con i personaggi. Però sono convinto che la proposta fu più o meno la stessa.
Il sor Peppe accettò.
“quando parto?” chiese
“Non devi avere fretta. Ci dobbiamo giocare questa partita nel modo migliore per vincerla.” rispose il sor Camillo.
E dato che dalle parti di torino le partite si vincono solo se se le comprano, il sor Camillo chiese aiuto al paese straniero.
“Noi ci dobbiamo comprare una partita. Non è che ci potete prestare qualcuno che vada a corrompere un po’ di gente?” domandò
“Noi al massimo ti possiamo prestare i soldi per la scommessa e po’ spartimme” risposero gli altri.
“E a chi mi rivolgo?” si chiese il sor Camillo.
“io due persone ce le avrei” disse Mazzini. “solo che loro ci credono davvero. Tu faglielo credere, l’importante è che fanno quello che serve a noi.”
E fu cosi che Rosolino Pilo e Giovanni Corrao furono mandati in Sicilia con il compito di corrompere quanta più gente possibile. Ovviamente cominciarono dai ricchi nobili, i quali, avendo dei possedimenti, si erano circondati di quello che può essere considerato un mini esercito di uomini fedeli.
“Chi me da a mangià o chiammo papà!” si dice a Napoli.
E fu cosi che sovvenzionato dal paese estero amico del sor Camillo, il sor Peppe organizzò “ un vero e proprio atto di pirateria internazionale compiuto ignorando tutte le norme di diritto internazionale.” In verità lui organizzò ben poco perché fecero tutto gli altri. Dalle mie parti diciamo “O facettero truvà o cocco munnato e buono!”
Furono assoldati feroci mercenari che andarono a formare quella che fu chiamata la legione britannica, assassini senza scrupoli che avrebbero dovuto aiutare il sor Peppe nella sua spedizione. Furono tirati fuori dalle carceri il fior fiore degli assassini e a ognuno di loro fu promesso che avrebbero potuto fare quello che volevano, stupri, furti, violenze. L’importante era raggiungere il risultato. Normalmente in queste situazioni, quando cioè stava per partire una invasione, tutti gli stati d’Europa dovevano essere informati e a loro volta avrebbero dovuto informare il paese che stava per essere invaso. Ma stranamente al paese che stava per essere invaso e derubato non giunsero mai tutte le comunicazioni che avrebbero dovuto avvertirlo di quello che ormai tutti sapevano.
“Ma come mai non arrivano dispacci dagli altri paesi?” si chiedevano.
“C’è lo sciopero delle poste! “ era la risposta.
Il sor Peppe fu convocato e si presentò a rapporto dal sor Camillo.
“Sei pronto?” gli chiese o curto.
“Pronto!” rispose peppe.
“Chi parla?”
“Non lo so. Facciamo una volta per uno.”
“E posa stu telefono, stai sempe a pazzià! Vai!” disse Camillo.
“A pede?” domandò peppe
“E perché a pede?” ridomandò Camillo.
“In verità tengo la macchina dal carrozziere e non ho rinnovato l’assicurazione perché ho fatto due trastole e aspetto prima il risarcimento.” Spiegò Peppe.
“E comme se fa?”
“Me piglio o tram?”
“E che ne fai? Quello il binario per mare non c’è!”
“Ma perché, devo andare per mare?”
“E per forza! La Sicilia è un’isola!”
“E che significa?”
“Significa che non è collegata a terra”
“Allora sta sospesa in aria?”
“Peppì, ma fusse strunzo?” chiese il sor Camillo.
“Hai fatto la cacca stamattina?” aggiunse.
Non gli sembrava vero di aver trovato qualcuno che non glielo avesse chiesto e onde evitare lo fece lui per primo.
Pensò per qualche secondo e trovò la soluzione.
“Mo chiamo un amico mio che in genere andiamo a mignotte insieme e vedo se mi presta due navi. Però per non metterlo in mezzo dovremo dire che le hai rubate?”
“E che ne faccio delle navi?” chiese Peppe
“Vai a Marsala!” rispose Camillo.
“vedi che progressi la scienza. Una volta andavano a carbone? Mo hanno fatto i motori che vanno a marsala!”
“Ma che hai capito? Mi devi prendere Marsala!”
“E non la posso prendere al bar sotto al palazzo?”
Camillo preoccupato dell’intelligenza del sor Peppe chiamò i suoi amici stranieri.
“Sentite, chisto è tutto scemo. Secondo me lo dobbiamo aiutare perché se no fa qualche guaio”
“Non ti preoccupare” risposero gli altri. “ora gli mettiamo dietro qualcuno”
“E perché, gli volete mettere qualcuno dietro? è gay?” chiese Camillo.
“Ih che coppia!” pensarono gli amici stranieri.
Si organizzarono e furono pronti.
Camillo chiamò nuovamente Peppe.
“Partirai da quarto!” gli disse
“E i primi tre chi saranno?” domandò Peppe.
Il sor Camillo si fece il segno della croce.
“Peppì, dimmi na cosa, ma tuo padre si chiama per caso Umberto e ha fondato un partito?” gli chiese
“No, perché?”
“Niente” rispose Camillo. “Una mia curiosità!”
“sei laureato in albania?”
“non lo so!”
“cazzo è isso. Laureato a sua insaputa! Ma tuo padre ce l’ha duro e si abbevera cu l’acqua del pò?”
“l’acqua? Papà se fa dodici litri di vino al giorno!”
“perfetto, allora nun è isso. Ascolta,ora vai a quarto e fingi di rubare le navi” ordinò
“Faccio solo finta e me ne torno?” chiese Peppe.
“Aggio capito” disse Camillo. “Mo ti mando un altro amico mio che ti da una mano.”
E fu cosi che il 5 maggio del 1860 il sor bandito Peppe è pronto a partire da Quarto.
Arrivato sul molo a Genova chiese a un uomo : “Scusate mi sapete indicare quali sono le navi che devo far finta di rubare?”
“No, però ti posso consigliare uno spacciatore migliore del tuo” gli rispose l’altro.
E si presentò.
“Mi chiamo Nino Bixio. Mi ha mandato il sor Camillo. Famme nu piacere, statte zitto e nun fa guai. Di volta in volta ti dico quello che devi fare e facciamo finta che sei tu a comandare. Va buò?”
“Va buò” acconsentì Peppe.
“Mo visto che è tardi e devo pure andare in bagno, dove vado?” chiese a Bixio
“Avviati a Quarto che mo vengo. Il tempo che m’arrobbo due navi e ci organizziamo”
Garibaldi si allontanò e Bixio salì a bordo del lombardo, si calò in testa un cappello da colonnello, se lo calcò sulla fronte e disse:” Signori, io mi sto arrobbando questa nave e da questo momento in poi comando io.”
Uno dei marinai della nave lo guardò e chiese: “Scusate possiamo sapere come vi chiamate? Perché in verità a noi ci è stato detto che ci dovevamo far arrubbare o da Bixio o da Garibaldi, e se voi non siete nessuno dei due vi consiglio di andarvene prima ca ve sfravecamme e mazzate!”
“Io sono il colonnello bixio!” rispose l’altro.
“Ah, perfetto. Allora ci potete arrubbare. Solo una firma qua per ricevuta e scendiamo”
“Bene” grido Bixio. “Mettiamo in moto”
Il marinaio che si stava allontanando con la ricevuta firmata si fermò e lo guardò.
“A proposito. Questa tiene problemi alla messa in moto. O sai accuncià nu motore?”
“No”
“ e allora parte solo a spinta”
“E mo devo trovare na decina e guagliune che mi danno na vuttata, sta cacchio e nave nun sta manco in discesa ca uno levava il freno ingranava la marcia e via”
Come fu come non fu, bixio arrivò a quarto ma garibaldi non c’era.
“e mo chiste addò sta? Pensò bixio.
E fu cosi che si inoltrò nei vicoli del porto e trovò peppe o curto che si appendeva vicino a nu bancariello del gioco delle tre carte e intanto gli avevano levato pure le mutande.
Bixio lo prese per il codino e se lo tirò.
“Dove mi porti?” Chiese peppe mezzo nzallanuto
“Piemonte!” rispose l’altro.
“N’ata vota?” ribattè Peppe. “Io mo sto venendo da Torino”
“Hai fatto la cacca stamattina?” gli chiese Bixio. “Piemonte è il nome della nave su cui devi salire”
“E tu dove vai?” domandò Peppe
“Lombardo!” rispose Bixio
“Ma chi, il presidente della regione Sicilia?” chiese ancora l’altro
“Ma ci hai mai pensato di andare a Zelig? Checco Zalone te fa nu baffo!”
Lo prese per un braccio e lo accompagnò alla nave.
Arrivato sulla nave il sor Peppe si informò sulla consistenza del gruppo.
“Quanti siamo?” domandò a Bixio.
“1089” rispose l’altro.
“Allora non si può fare! dobbiamo sospendere tutto.”
“E perché?” chiese Bixio
“Ce ne sono 89 in più. Questa si chiama spedizione dei mille. Cosi la dobbiamo chiamare spedizione dei 1089. Vorrà dire che per strada ne facciamo scendere 89. Chi sono? Da dove vengono?”
“Sono tutte persone col pedigree controllato: malavitosi, assassini. Tutte persone degne. Provengono da Milano, Brescia, Pavia, Venezia e più corposamente da Bergamo, perciò poi detta “città dei mille”. Ci sono anche alcuni napoletani, calabresi e siciliani, 89 per la precisione”
“ecco, hai visto? I soliti meridionali che si infilano dappertutto. Faremo scendere loro. Vengono per la causa?”
“Ma quale causa. Quello il tribunale gliel’ha spostata fra due anni e l’avvocato s’è dimesso.”
“e che c’entra? Io intendevo la nostra causa.”
“manco a te è venuto il perito? Ua, st’assicurazioni che non pagano. Manco cchiù na truffa se po fa! Ma tu cu chi la tieni assicurata?”
“ cu mammeta. Futte e incendio!”
“ e paghi assaje?”
“quatte soldi. 12 a botta. Tengo abbonamento! Ma torniamo a noi. I napoletani vengono a gratis?”
“ a gratis? Chille o presidente è de laurentis. Llà si nun miette e solde ‘ncopp’a tavola e quanne te fa venì! sono pagati profumatamente per essere della partita in modo da poter dare anche indicazioni per gli spostamenti da fare.”
“Non abbiamo nemmeno un tom tom?”
“Peppì, aggie pacienza, statte zitte!”
“Va buò, fa tu. Dove andiamo?”
“Ora preparo la rotta e ti dico”
“E chi l’ha rotta? Non se ne poteva prendere una intera cosi evitavi di prepararla?”
“Peppì, me ci sei venuto o ti ci hanno mandato?”
“Mi ci ha mandato Camillo”
“E aspetti che ti ci mandi pure io?”
E senza aspettare ulteriori risposte o commenti, fece il segno della croce con la mano sinistra e si allontanò.
Salito a bordo si guardò intorno e vedendo da quali facce era circondato immediatamente si presentò
“Sono il generale Garibaldi!” tuonò
Da un angolo della nave partì una pernacchia!
“Che era?” chiese Garibaldi
“il tempo. Qualche tuono in lontananza!” rispose uno degli uomini che sdraiati sul ponte della nave stava prendendo il sole.
“Generà!” gridò un altro.
E immediatamente da un altro angolo partì una seconda pernacchia.
Garibaldi guardò il cielo.
“Secondo me si sta preparando un temporale” sentenziò!
“A che ora si parte?” chiese ancora un altro
“il tempo che Bixio ripara quella cosa che si è rotta e ce ne andiamo. Avete fatto il pieno di Marsala? Non vorrei correre il rischio di restare senza carburante”
“Azz, chiste gia sta mbriaco!” commentarono gli uomini.
“Venite generale, vi accompagno alla vostra cabina!” disse uno degli uomini che sembrava un po’ più per bene degli altri. Un certo Cesare Abba, scrittore.
“Cabina? Cacchio, mi sono dimenticato il costume. Va buò, non fa niente, non me lo faccio il bagno. Si può avere pure un ombrellone e una sdraio?”
Nel sentire quelle parole Abba si fermò a riflettere per un secondo.
“E io dovrei fare il resocontista delle gesta di questo? Mi avevano detto che doveva essere una biografia, ma ce ne vorrà un bel po’ di fantasia per farlo passare per eroe.” pensò
“Faccio strada” gli disse.
“Ah bravo. Avete l’impresa di costruzioni!”
“Ma chi m’ha cecato!” pensò Abba
“come vi chiamate?” chiese peppe a cesare.
“abba!”
“azz, e me la cantate mamma mia? Jamme, me piace assaje. Mamma mia, lalalalalalalà, ah, ah. Le parole non le so perché è straniera!”
“Ma pecchè, pecchè, pecchè?” si chiese Abba schiaffeggiandosi.
gaetano… complimenti!!! è troppo forte questa storia d’italia… avanti con le prossime parti!
Racconto scorrevole e molto divertente. Uno spasso insomma.
Ed è solo l’inizio.
Va pubblicato sicuramente
Bellissimo Gaetà
sul blog trovi anche la terza parte mentre lavoro alla quarta 🙂