la vera storia dell’Italia – 5^ parte – la situazione dopo bronte e la risalita dello stivale

Ma facciamo un passo indietro, al momento in cui in sicilia vennero inviati pilo e corrao, due apripista, due messi che, creduloni delle buone intenzioni di cavour, si prestarono per agganciare sul territorio chi poteva favorire l’impresa, o la presa, come sarebbe più giusto dire. A chi si rivolsero i due? Ai potenti locali, tipo cuffaro, giusto per fare un esempio. Si trattava di latifondisti, proprietari terrieri che, in cambio della promessa che tutto sarebbe rimasto com’era (ricordate il gattopardismo così ben descritto da tomasi di Lampedusa?)avrebbero messo a disposizione i loro picciotti, uomini armati che venivano pagati per difendere i baroni locali e salvaguardarne gli interessi. Allora si trattava di baroni come stefano priolo, barone di sant’anna, e successivamente si sarebbero chiamati Riina, Provenzano, Messina Denaro. tutta brava gente, insomma. Faceva parte della spedizione lo scrittore Ippolito Nievo, ma di lui parleremo più avanti, alla vigilia della proclamazione dell’Italia unita.

Sarà l’euforia del successo, sarà il potere improvviso, sarà perché ti amo, lalalalalallà, scusate m’è scappata, dicevo sarà quel che sarà, ma il sor peppe si proclamò imperatore di sicilia. ‘Na specie di totò l’imperatore di capri. Voleva tenersi la sicilia e lasciare a cavour e vittorio emanuele il resto. Quello il problema fu che durante il viaggio bixio, non avendo play boy ne la play station (che oltre 150 anni dopo risulterà fondamentale tra coloro che guideranno la nazione) cacciò il monopoli. Tira nu dado, tira na striscia, peppe si giocò vicolo corto e vicolo stretto. Restò senza vicoli e senza case. E considerando che non teneva nemmeno un amico che gliene prestasse una (carrai non era ancora nato) cominciò a girare tra l’equipaggio.

“scusate, tenisseve un parco della vittoria? Una società elettrica? Tenisseve na casarella…”

“pittata e rosa, ‘ncopp e camaldoli vurria tenè!”

“garibbà, e si nuie teneveme na casarella, na società elettrica, secondo te stevemo perdenne o tiempo appriesse a te?”

Decise che si sarebbe rifatto. Succede sempre. Basta che ti fai una volta, e subito ti fai di nuovo. La sicilia sarebbe appunto stata sua. Sarebbe stato l’imperatore. E da vero imperatore, appena ebbe il potere decise di eliminare l’imposta sul macinato.

“bravo” gli disse bixio, “hai fatto bene, accussì purpette e sasicce costano di meno! E pure e bistecchine.”

Nel frattempo giovanni corrao, il mediatore tra stato (piemontese) e mafia (siciliana)… gesù, questo fatto mi ricorda qualcosa… mah! Dicevo Giovanni Corrao viene ammazzato a colpi di lupara perché protestava nel vedere i vecchi residuati borbonici diventati nel frattempo garibaldini ricoprire incarichi prestigiosi. Ma non si seppe mai chi fu l’autore materiale del delitto. Come nella migliore tradizione locale, si dovette essere luparato da solo. Per fare un esempio, come se un giudice oggi mettesse da solo una bomba sull’autostrada che deve percorrere e mentre sta passando la fa esplodere.

Quando lo ammazzarono immediatamente la notizia fu riportata a garibaldi.

“imperatò, hanno ammazzato corrao.”

“azz, e mo chi la fa la corrida?”

“no corrado, corrao, senza d. uno dei due messi.”

“ah, capito, Messi! Bella squadra il Barcellona!”

“era nu buono cristiano!”

“ronaldo? E quello sta col real madrid. Guagliò tu me stai ‘nzallanenne. Se po sapè chi è muorto?”

“nessuno imperatò. Il morto sta bene in salute!”

Intanto però, essendosi il sor peppe circondato da na bella maniate e chiavichi,era rimasto senza una lira poiché si faceva uno arruobbo arruobbo. Del resto, quelli che erano stati corrotti mica lo avevano fatto per il piacere di gridare viva l’italia. Il grido era stato “guagliù, s’azzuppa!!!!” il povero Ippolito Nievo, scrittore arruolato di cui prima e ora nominato colonnello col compito di tenere in ordine i libri contabili, glielo diceva a garibaldi: “garibbà, chiste se stanne magnanne pure e mutande; arape l’uocchie ca ce stanne facenne o pacco”.

Ma garibaldi nulla.

“io sonco l’imperatore, a me il pacco non lo fa nessuno perché quando devo spedire una cosa il pacco me lo faccio da solo!”

E intanto i capi dei reparti garibaldini prendevano rimborsi per soldati passati ad altro reparto, per cui venivano pagati due volte, per esempio, come è successo molto tempo dopo a roma capitale, n’emigrante a te e uno a me.

“imperatore, bisogna comprare i cappotti alle truppe!”

E Garibaldi, pronto a sganciare, convocava Nievo.

“nievo, ci servono i soldi per i cappotti!”

“o mese e giugno? E c’avimma fa e funghe sotto e bracce? Cu stu calore esceno e maruzze, generà!”

“non discutere i miei ordini e caccia e soldi!”

E Nievo cacciava.

“imperatore, si dovrebbero pagare gli straordinari ai soldati!”

E garibaldi chiamava Nievo!

“nievo, si devono pagare gli straordinari”

“straordinari? Imperato ma quelli non fanno manco l’ordinario, figuriamoci gli straordinari. Quelli fanno gli imbrogli col cartellino, uno passa il badge e gli altri stanno a casa!”

“non discutere. Caccia i soldi!”

e caccia oggi caccia domani, i soldi finirono.

Nievo andò da Garibaldi e gli disse: “generale!”

“ ma quanta formalità, siamo fra di noi, chiamami pure imperatore!” rispose l’altro

“imperatore, dovete fare un prelievo!”

“guarda, fatto poco prima di partire. Trigliceridi e colesterolo tutto a posto. Nu poco di reumatismi, ma è l’età!

“ma no, dovete fare un prelievo in banca!”

“qua li fanno in banca e non al pronto soccorso? Ma che arretratezza!

“imperatò,non le analisi. dovete fare un prelievo di soldi in banca!”

“al banco mat?”

“no,al banco di sicilia!”

E garibaldi si presentò in banca.

“Buongiorno, devo fare un prelievo!” disse garibaldi

“e dovete andare in ospedale!” rispose l’impiegato

“o vvi? Glielo avevo detto a Nievo e chille è tuosto!”

E andò in ospedale.

“buongiorno, vorrei fare un prelievo. Si può?”

“Donazione?”

“no, prelievo!”

“si, ma per avis?

“no, per nievo!”

“scusate, il sangue lo volete dare?”

“azz, io chi sa comme me so salvato…”

“ma voi da qua, che volete?”

“e solde!”

“ e state frisco! Non ci pagano da sei mesi! La regione non rimborsa! Dovete andare in banca.”

“ e io dalla banca vengo e mi hanno mandato qua.”

“ah, quindi non ci siete venuto, vi ci hanno mandato”

“sempre, da che è cominciata la spedizione!”

“spedizione? E allora dovete andare alla posta!”

E andiamo alla posta.

“buongiorno, dovrei fare un prelievo!”

“tenete il libretto?”

“no, lo tiene nievo.”

“ ma siete titolare o delegato?”

“ero legato, ma poi mi hanno sciolto”

“ sentite, se dovete prelevare vi hanno sciolto o no, deve venire questo nievo altrimenti ci vuole la delega”

“ok”

E torniamo da Nievo.

“nievo, vieni qua. Io sono andato alle poste”

“per un pacco?”

“e dalle cu ‘o pacco. Per il prelievo, ma mi hanno detto che devi andarci tu che sei il titolare e tieni il libretto!”

“imperatò, ascoltate, credo che stiamo facendo un po’ di confusione. Voi dovete andare in banca!

“ e ci sono stato. Quello mi ha mandato all’ospedale e quello dell’ospedale mi ha mandato alle poste!”

“ascoltate a me. Voi andate in banca e prelevate i ducati”

“E quanti sono?”

“ a me risulta che in totale ne hanno 5 milioni”

“5 milioni di ducati? E dove li parcheggiamo? Chi li guida?”

“che cosa?”

“i furgoni ducati!”

“imperatò” gli disse nievo battendo le nocche del pugno destro all’interno del palmo della mano sinistra, “proprio tuosto, eh? abbiate pazienza. State a sentire a me. Voi andate alla banca. Giusto?”

“giusto!”

“ e gli dite come vi dico io: datemi tutto quello che tenete in cassa perché io sono l’imperatore!”

“ah, ecco. glielo dico che sono l’imperatore. Bene. Vado.”

E fu così che il buon sor peppe si appropriò dei 5 milioni di ducati allora in cassa al banco di sicilia. Il ducato valeva quattro volte la lira, moneta piemontese. E c’era un’altra particolarità. Quando il regno emetteva moneta, questa o era direttamente in oro, per cui equivalente al valore reale o c’era copertura bancaria in oro per l’equivalente valore. Il buon cavour invece, emetteva praticamente carta, senza alcun valore.

In quel periodo nacquero i poi famosi dieci piani di morbidezza.

Il sor peppe a quel punto prese il cellulare e chiamò cavour.

“camillo!”

“chi è?”

“Io”

“io chi? Non tengo il numero memorizzato”

“l’imperatore di sicilia!”

“te l’ho detto che la marsala non la devi bere. Già stai ‘mbriaco, è vero? Che vuò?”

“io direi che è quasi ora di tornarmene. Quando me la mandi la nave?”

“la nave? E c’è lo sciopero dei marittimi. Per almeno due mesi le navi non partono. Siente a me, l’unica cosa è che te ne torni a piedi”

“e come cammino, sul’acqua?”

“ma quale acqua. Te ne devi salire piano piano per la calabria. A piedi!”

“per la salerno reggio calabria? E quanto ci metto. Si cammina a una corsia!”

Già da allora erano in corso i lavori. In effetti erano cominciati molto tempo prima, al punto che, cristo, dovette fermarsi a eboli per la strada interrotta.

“tu avviati intanto!”

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